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Giovani e anziani «sul filo del tempo»

di Giorgio Paolucci, AVVENIRE.

Viviamo un’epoca che sta perdendo il senso e il valore della memoria. Sempre meno capaci di guardare al passato come un tesoro a cui attingere per vivere il presente e costruire il futuro, ci accontentiamo della futilità dell’istante. È andato in crisi il rapporto tra generazioni, e questo ha reso la società più povera e più esposta alla paura della diversità, sempre meno capace di vivere la dimensione dell’incontro con chi arriva da lontano. Anche Milano non sfugge a questa deriva, ma c’è chi ha provato a rimettere insieme i frammenti di una convivenza infragilita proponendo un percorso umano, culturale e artistico che ora viene offerto al giudizio della città.

Domenica 20 gennaio al teatro parrocchiale Sant’Ignazio di Loyola (piazza Borotti 5) va in scena lo spettacolo “Il filo del Tempo”. Un viaggio nella trama della memoria”, curato dall’Associazione Elikya. Sul palco saliranno, come attori e cantanti, i giovani del coro multietnico Elikya, gli anziani dell’associazione Onos di via Salomone, i giovani della parrocchia San Nicolao della Flue del quartiere Forlanini e alcuni profughi ospiti della Grangia di Monluè, che gestisce una casa di accoglienza nella periferia sud-est di Milano. Tre spaccati dell’umanità che popola la nostra città, che in un percorso durato sei mesi hanno messo a disposizione i rispettivi patrimoni di umanità come mattoni per costruire l’edificio di una convivenza capace di arricchirsi dall’incontro tra identità differenti. “In un’epoca di pervasiva diffusione della solitudine e a fronte di un bisogno sempre più manifesto di radici solide sulle quali fondare l’esistenza, è sorto il desiderio di offrire una risposta costruttiva nel segno dell’arte – spiegano Raymond Bahati e Faustin Nstama, i due animatori dell’iniziativa.

Sul filo del tempo è possibile recuperare il legame che unisce giovani e anziani, costruire un ponte tra generazioni che si nutra della saggezza di chi può fare crescere solide radici e trasmettere la sapienza che nasce dall’esperienza. Una società più solida e coesa permette di vincere la paura dello straniero e di fare dell’incontro con l’altro l’occasione per arricchire la propria identità”. Lo spettacolo che va in scena domenica è la tappa conclusiva di un itinerario che ha coinvolto anziani, giovani e migranti in un percorso fatto di dialoghi, trasmissione di racconti, sperimentazione corale, musicale e di recitazione. Sarà anche il coronamento del bando territoriale della Fondazione Cariplo, impegnata nel sostegno e nella promozione di progetti di utilità sociale legati al settore dell’arte e cultura, dell’ambiente, dei servizi alla persona e della ricerca scientifica. Elikya, che ha curato il progetto, è nata nel 2010 su intuizione del maestro Raymond Bahati, di origine congolese, in Italia da 17 anni. È un laboratorio di ricerca e sperimentazione creativa costruito dentro una trama di amicizia tra quaranta giovani di vari Paesi del mondo e di differenti esperienze religiose, che attraverso la comune passione per la musica testimonia quanto sia fruttuosa la convivialità delle differenze. Ce n’è davvero bisogno, di questi tempi.

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